Nella seconda metà degli anni ‘30 del secolo scorso la Germania pensò di riorganizzare i cimiteri di guerra che aveva nei territori stranieri, tra cui l’Italia. In quell’occasione approntò il progetto di cinque memoriali, il primo a Feltre, poi a Quero e Tolmino, poi al passo del Pordoi e, il più grande, a Pinzano al Tagliamento.
Queste strutture dovevano mostrare un cambiamento nell’architettura tedesca rispetto ai cimiteri di guerra precedenti e l’architetto Robert Tischler, responsabile del servizio tecnico del Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge, l’associazione tedesca che era nata nel dicembre del 1919 con il compito di identificare e gestire le tombe dei caduti tedeschi all’estero, iniziò a progettare i sacrari come dei grandi templi nel paesaggio.
Il culto del soldato caduto per la patria diventava funzionale alla progressiva militarizzazione della società tedesca.
I morti della prima guerra mondiale venivano nuovamente schierati all’interno di un territorio, quello italiano, nel quale Mussolini operava una sua narrazione distribuendo i caduti della guerra sul confine e costruendo parallelamente il Vallo Littorio con un evidente senso di diffidenza nei confronti della Germania.
A partire dal 1935 Tischler e il suo servizio del VDK iniziò a produrre architetture che sembravano evocare il tema della fortezza sopra il colle: una fortezza di morti. La localizzazione dei totenburg non è mai casuale. Non necessariamente furono posti nei luoghi centrali delle battaglie che avevano visto in azione le truppe tedesche. L’architetto del paesaggio sceglieva il sito più suggestivo che permettesse di essere colto con lo sguardo da lontano e che, una volta raggiunto, permettesse di leggere il teatro della battaglia.
Sul Tagliamento il sacrario si sarebbe posto tra le rovine del maniero di Ragogna e quello di Pinzano rendendo ancora più forte e scenografica la scelta di costruire un totenburg sul colle che vedeva il grande fiume alpino scorrere in un mare di ghiaia verso il mare Adriatico. All’inizio la figura evocata dal progetto era quella di una grande arca di pietra arenata su Col Pion dopo un diluvio. Durante le fasi di progettazione della variante, invece, il riferimento ai templi egiziani si fece più evidente e caratterizzò la transizione a una fase di gigantismo architettonico che doveva rappresentare la nuova grande Germania dopo il 1939. Il sacrario di Pinzano si trasformò da castello in un’architettura templare dove i caduti non erano più soldati, ma eroi.
Tutti i sacrari italiani furono completati fuorché quello di Pinzano al Tagliamento che fu inserito in un sistema di opere di difesa della Guerra Fredda. Questa grande architettura fu dimenticata e solo ora che il demanio della Difesa ha trasferito al comune l’intero colle si sta procedendo a un recupero dell’area e dei suoi monumenti.
La mostra ha il compito di rendere evidenti gli esiti di una ricerca che è durata due anni è che ha svelato tempi e concetti legati alla definizione progettuale di una delle più grandi architetture civili degli anni ‘30 in Friuli.