ITALO ZANNIER FOTOGRAFO
Dall’architettura spontanea agli interni friulani
L’ingresso nel mondo della fotografia Italo Zannier lo fa da fotografo nel 1952, due anni prima di iniziare l’attività di storico e critico che tutti conosciamo. Parallelamente a questa, Zannier fotograferà metodicamente il paesaggio del territorio italiano, in particolare le coste e i monti, fino al 1976, anno del terribile terremoto friulano dopo il quale si dedicherà esclusivamente alla storia della fotografia.
Ma andiamo con ordine. Gli anni Quaranta e Cinquanta sono il periodo del Neorealismo, e su questo versante il contributo di Zannier è precoce; le prime mosse nel campo della cultura artistica le fa da pittore, già dal 1945, ispirato dalle opere di Giuseppe Zigaina; poi, da grande appassionato del cinema di quegli anni, si cimenta brevemente con alcuni cortometraggi in Super 8 e subito dopo passa definitivamente alla pratica fotografica.
Non tutti sanno che Zannier prima di occuparsi di fotografia si interessò molto di cinema ed ebbe diversi incontri e un lungo rapporto epistolare con Pier Paolo Pasolini; del resto Casarsa è a quattro passi da Spilimbergo, il paese dove viveva il giovane Italo. Si possono individuare diverse corrispondenze tra il cinema di Pasolini e la fotografia di Zannier: sia nel primo Pasolini, che nelle fotografie di Zannier degli anni Cinquanta e Sessanta, troviamo infatti l’attenzione per gli umili, rappresentati però senza orpelli retorici, con una tecnica visiva austera che stigmatizza un mondo sempre più marginale, confinato inesorabilmente nel passato e nel mito dal nascente boom economico.
Inoltre entrambi gli autori usano spesso un’inquadratura frontale come nell’iconografia pittorica pre-moderna e in ambedue i casi aleggia la nostalgia per le tradizioni popolari che vanno scomparendo soppiantate dall’omologazione della modernità. Nei primi film di Pasolini ciò è piuttosto evidente nell’insistenza sui volti rugosi, vissuti e “antichi”, caratteristici dei localismi raccontati, e nella gestualità ancora genuina dei personaggi, così come nel dialetto con cui si esprimono; nelle fotografie di Zannier la questione della “tradizione” viene invece evidenziata nel rapporto col territorio, con il paesaggio urbano vernacolare e con la dimensione dell’abitare che ritroviamo negli interni delle case.
Gli spazi e il modo di raccontarli.
E qui entra in gioco anche l’interesse per l’architettura che Zannier, allievo di Bruno Zevi, trasferisce nelle sue fotografie: dalle stanze firmate da Adolf Loos, commissionategli da Zevi negli anni cinquanta, alle architetture dell’amico “Lulli” (Ferdinando Anichini), fino all’edilizia spontanea e agli interni friulani del dopoguerra: camere da letto di Claut, cucine di Aviano, stamberghe di Erto o i viottoli della Carnia. Da una parte la circoscrizione di un progetto illustre, dall’altra il risultato di un processo collettivo, di una comunità con i suoi usi, costumi e fotografie, spesso presenti sulle pareti a mo’ di reliquie.
In queste immagini essenziali, ricche al tempo stesso di interessanti indicazioni sociali e di lirismo (la rappresentazione di qualcosa che va scomparendo, per quanto distaccata, evoca inevitabilmente una certa romantica malinconia), emerge un racconto che, protratto negli anni, testimonia l’evoluzione della collettività, prende così forma testimoniando un cambiamento epocale, quando la società da rurale e contadina va via via trasformandosi in industriale, acquisendo tutti i vantaggi e le comodità della grande distribuzione, ma anche il kitsch che può conseguirne.
Purtroppo, nel 1976, sopraggiunge il terremoto del Friuli che cancella molti degli edifici fotografati da Zannier; ne resta fortunatamente un’ampia testimonianza visiva nel fotolibro Una Casa è una casa. Le fotografie di Italo Zannier, lì pubblicate, che sono il cuore di questa mostra, rivelano un territorio profondamente diverso da quello attuale, con architetture e interni d’abitazioni che appartengono ormai alla memoria storica.
L’esposizione comprende inoltre alcune fotografie vintage che integrano quanto pubblicato in Una casa è una casa. Anche in questo caso si tratta di immagini dedicate alle zone pedemontane del Friuli, ed è proprio questa la produzione fotografica fondamentale di Italo Zannier che ha ispirato, seppur in sordina, successive generazioni di fotografi. Questo “corpus friulano” può essere definito l’anello di congiunzione tra il Neorealismo della fine degli anni Quaranta e la street photography della scuola di Walker Evans. Non è esagerato concludere che da questa commistione tra un realismo pauperistico e lo “stile documentario”, tra una visione essenziale e la spiccata attenzione alle manifestazioni vernacolari e marginali, si svilupperà la più interessante produzione fotografica sul paesaggio del nostro Paese.
(Dall’introduzione al catalogo di Roberto Maggiori)
Durante l’inaugurazione, alla presenza dell’autore, saranno disponibili copie del volume Una casa è una casa, e in anteprima sarà presentato un piccolo, ma raffinato libro con riprodotte venti fotografie di Italo Zannier, soprattutto interni d’abitazioni, realizzate anche queste nella zona pedemontana del Friuli tra la metà degli anni ’50 e la metà degli anni ’70.
Il nuovo libro intitolato Dall’architettura spontanea agli interni friulani (Editrice Quinlan) può essere acquistato separatamente, oppure in una cartella special edition, contenente quattro fotografie di Italo Zannier, tirate in 99 esemplari, numerate e firmate.
Italo Zannier fotografo
Dall’architettura spontanea agli interni Friulani
A cura di Roberto Maggiori
Dall’11 al 16 agosto 2018
Castello di Pielungo, Vito d’Asio (PN)
Inaugurazione sabato 11 agosto dalle 17,30
Orari giorni successivi: dalle 10,30 alle 18,30
Evento organizzato dall’Associazione Antica Pieve d’Asio
Catalogo a cura dell’Editrice Quinlan
Italo Zannier (Spilimbergo 1932) dopo aver intrapreso studi di architettura e di pittura, si è dedicato alla fotografia (dal 1952) e alla storia della fotografia (dal 1954). Tra i fondatori del Gruppo friulano per una nuova fotografia (1955), interessato a ricerche sociologiche e ambientali, ha lavorato dapprima in Friuli (1952-65) e successivamente su tutto il territorio nazionale, dedicandosi in particolare alle coste e ai monti (1967-76).
Si è impegnato nell’insegnamento universitario dal 1971, ha collaborato con diverse riviste e curato i periodici “Fotologia” e “Fotostorica”. Insignito di varie onoreficenze, è membro della Société Européenne d’historie de la photographie e ha ricevuto nel 2004 la laurea honoris causa in Conservazione dei Beni Culturali all’Università di Udine. Ha collaborato a diverse esposizioni internazionali, tra le quali: Paesaggio mediterraneo, Siviglia, Expo, 1992; The Italian metamorphosis, New York, Guggenheim Museum, 1994; L’io e il suo doppio. Cent’anni di ritratto fotografico in Italia, Venezia, Biennale, 1995; Il furore delle immagini Dall’Archivio di Italo Zannier, Venezia, Fondazione Bevilacqua La Masa, 2010; è inoltre stato responsabile della sezione fotografica del Padiglione Italia della 54esima Biennale d’Arte di Venezia nel 2011 e curato, a Milano per l’Expo 2015, la mostra L’immagine dell’Italia nella fotografia.
Tra i numerosi saggi pubblicati ricordiamo: Storia e tecnica della fotografia (1982); Storia della fotografia italiana (1986); L’occhio della fotografia (1988); Architettura e fotografia (1991); Il sogno della fotografia (2006); Sembianze (2011); Verso L’invisibile (2016), La lanterna della fotografia (2017).